Mentre nell’antichità classica non c’era una netta separazione fra scienza e religione la convivenza fra cielo e terra terminò con l’affermazione del cristianesimo che non rispettò l’autonomia delle scienze, che dovevano essere subordinate alle esigenze della nuova religione. La nascita della scienza moderna fu segnata da una nuova e forte collaborazione che si insaturò fra le due verità, scienza e teologia, ciò che le accomunava erano due premesse, la fiducia nell’esistenza di un mondo ordinato che si rendeva disponibile ad essere riconosciuto e la capacità della razionalità umana di esserne capace, l’una e l’altra assunzione erano perfettamente condivisibili sia dalla scienza in quanto si trattava di scoprire le forme della realtà sia dalla religione in quanto quelle forme erano da considerarsi doni di dio. Leggere nel libro della natura diventò il compito di uomini come Copernico Keplero Galilei Newton ed altri, che univano alla passione per la scoperta delle meraviglie della natura la fede nel riconoscere in essa l’opera del creatore. Il punto di maggiore accordo fu segnato dalla meccanica newtoniana che sostituiva capovolgendola la visione tomistica pur rispettandone l’esigenza di contemporare la fede e la scienza. I segni di una separazione che poteva volgersi in conflittualità si accummularono per tutto il Sei-Settecento fino alla consumazione di una netta separazione che divenne definitiva con l’avvento della teoria evolutiva di Darwin che dimostrava definitivamente che in natura non c’era né traccia né bisogno di Dio. Oggi le due verità, almeno in Occidente, sembrano convivere senza incrociarsi, tuttavia non tutti i motivi del contendere sono scomparsi, è soprattutto la teologia che deve aggiornare le proprie tesi alla luce del progresso scientifico, in mancanza di un tale sforzo la religione rischia di perdere qualsiasi credibilità verso l’uomo di oggi e di domani.